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Contratto Dana Italia: Trattative in salita

il salario dei lavoratori deve remunerare il lavoro e l'azienda non può essere considerata alla pari di una sala scommesse dove il salario viene giocato sulla roulette della finanza internazionale.

Si è svolto mercoledì 30 luglio 2014 il secondo incontro con la Direzione Dana Italia per discutere del rinnovo del contratto aziendale in scadenza a fine anno.

Dopo la presentazione delle nostre richieste del 23 luglio scorso da parte aziendale ci saremmo aspettati una maggiore disponibilità verso le richieste avanzate ma purtroppo non siamo andati oltre ad una disponibilità di metodo.

Infatti, dopo una breve illustrazione da parte aziendale sulla visita della delegazione americana l'azienda ha consegnato alle delegazioni le slide sull'assoldamento economico, dell'ebit e dell'assenteismo, i dati sui costi della piattaforma di Fim e Fiom e sui relativi risparmi delle disponibilità rispetto alla riduzione del costo del lavoro (blocco 14ma, mensa, ecc).

In sostanza il 30 luglio è emerso che abbiamo due piattaforme, quella aziendale e quella di Fim e Fiom che sono in contraddizione fra loro e che solo una politica di scambio (chiamasi inciucio) può renderle compatibili. Noi pensiamo che la piattaforma aziendale sia da respingere.

I dati forniti dall'azienda sono i seguenti: risparmi su tre anni 530.000 euro; costo piattaforma Fim Fiom 3.600.000 euro.

Una cifra che il dott. Parodi ha definito incompatibile con i consti aziendali. Noi abbiamo ribadito che si tratta di redistribuire in tre anni il 10% dell'UTILE NETTO di un solo anno. Pensiamo che gli investimenti debbano riguardare non solo macchine e prodotti ma anche i lavoratori - che con il loro lavoro hanno permesso alla Dana Italia di fare questi utili - che sono fondamentali per fare produttività, qualità ed efficienza.

Poi la discussione si è fermata sui tema della struttura del premio. L'azienda si è detta disponibile ad aumentare le cifre solo se si aumenta la quota variabile a scapito della parte consolidata e un premio per chi NON SI AMMALA o NON SI IFORTUNA. Come se ammalarsi o infortunarsi sia una scelta di vita del lavoratore.

Una filosofia, quella esposta dall'azienda che vuole premiare quanti sono disposti a sacrificare la loro salute per aumentare i loro profitti. Infatti l'azienda, con il nuovo premio, vuole penalizzare oltre la malattia anche l'infortunio (inaccettabile – quindi da noi respinta al mittente - la dichiarazione di Parodi che ha equiparato la malattia con l'infortunio) .

Su queste due posizioni abbiamo motivato la nostra contrarietà motivata dal fatto che:

il salario dei lavoratori deve remunerare il lavoro e l'azienda non può essere considerata alla pari di una sala scommesse dove il salario viene giocato sulla roulette della finanza internazionale.

Assenteismo: paragonare l'infortunio alla malattia è offensivo di chi lavora. Un lavoratore non sceglie di mettere una mano negli ingranaggi o di rompersi una gamba solo per il gusto di passare la giornata. Mentre per la malattia abbiamo fatto presente che già oggi l'azienda dispone di tante forme di controllo per verificare la fondatezza della malattia dei lavoratori e quindi non di premio si tratta ma di una penalizzazione per gli ammalati.

Chi non produce non ha diritto alla paga è la filosofia che sta alla base dei premi presenza. Insomma una versione soft del cottimo puro che fino alla fine dell'800 regolava i rapporti di lavoro. Insomma si vuole presentare come moderno uno strumento in voga due secoli fa.

Infine abbiamo l'impressione che la trattativa, un prossimo incontro è fissato per il 29 agosto, sia tutta in salita e chi pensava che bastava scambiare salario con welfare per neutralizzare le richieste aziendali debba iniziare a ricredersi.

Prepariamoci alla vigilanza per evitare scambi impropri all'interno della trattativa.

 

Slai Cobas – USB lavoro Privato