Marangoni, sanifonds, due facce della stessa medaglia
Marangoni è l’esempio di come le risorse dell’autonomia siano state utilizzate per finanziare industrie assistite, sanifonds è lo strumento principe per finanziare quei privati che intendono trarre profitto dal sistema sanitario
Marangoni e sanifonds sono due esempi di come sono usate – male – le risorse della nostra autonomia.
   Marangoni è l’esempio di come le risorse dell’autonomia siano state  utilizzate per finanziare industrie assistite, sanifonds è lo strumento  principe per finanziare quei privati che intendono trarre profitto dal  sistema sanitario
   Marangoni ci dovrebbe far riflettere sull’uso della crisi per  cancellare diritti fondamentali, per iniettare nel mondo del lavoro dosi  massicce di precarietà pensando che la competitività dipendesse dal  costo del lavoro.
   Infatti mentre a livello generale con la complicità della grande stampa  di intellettuali ed economisti veniva orchestrata la campagna  ideologica contro i diritti del lavoro e nel lavoro per aumentare la  competitività del nostro sistema industriale a livello locale si agiva  con accordi sindacali a perdere.
   Con questa resa culturale prima ancora che sociale i sindacati  confederali pensavano che così si sarebbe superato questo perdio nero in  attesa della fantomatica ripresa che non arriva.
   Purtroppo anche i lavoratori sono stati culturalmente contagiati da  questa verità mediatica e quindi nel luglio 2014 hanno ingoiato un  accordo che cancellava pezzi di salario, la pausa mensa retribuita,  aumentava la flessibilità e l’orario di lavoro.
   Dopo 12 mesi, ad agosto 2015, degli investimenti milionari promessi si  sono viste solo le briccole mentre l’azienda ha imposto, quasi senza  trattativa, la cassa integrazione (50 persone a zero ore e tutto lo  stabilimento a rotazione) e a gennaio 2016 l’azienda comunica che gli  esuberi passano da 50 a 120/150 e che la stessa presenza produttiva a  Rovereto è a rischio.
  Viene da domandarsi: A cosa sono serviti i sacrifici imposti dall’accordo capestro??
  Dai firmatari dell’accordo capestro del 2014 sarebbe gradita una qualche risposta.
   Altra vicenda significativa è quella del sanifonds: la provincia da un  lato chiede di aumentare i ticket, di chiudere gli ospedali periferici  per far tornare i consti della sanità trentina è poi spende oltre 5  milioni di euro annui per finanziare sanifons per i pubblici dipendenti.
   Una scelta che da ossigeno al processo di privatizzazione della sanità  che da diritto universale, pubblico e gratuito sarà sostituito da una  sanità a pagamento, privata e riservata ad una parte della società.  Quella che potrà avere un lavoro.
  Non solo ma se guardiamo bene con sanifonds e Marangoni hanno un punto in comune:
  Il finanziamento del profitto.
   Con sanifonds la Provincia anziché dotarsi di strumenti innovativi di  modelli sanitari avanzati e di welfare rispolvera la vecchia “cassa  mutua” che altro non è che un fondo sanitario privato a finanziamento  pubblico e mette in soffitta un sistema sanitario pubblico e  universalistico conquistato con le lotte degli anni 70.
   La Marangoni come la Whirlppol sono due esempi di come la provincia si è  limitata a politiche di finanziamento all’impresa senza reali  contropartite in termini di investimenti in innovazione di prodotto e  processo e di salvaguardia occupazionale come nel caso della Marangoni  che dopo aver succhiato 60/70 milioni di contributi oggi licenzia oltre  la metà dei dipendenti ipotecando la stessa esistenza del sito  produttivo di via del garda a Rovereto.
   Per questo oggi le roboanti dichiarazioni di Olivi sulla richiesta di  un piano industriale o quelle del presidente Rossi sul sistema sanitario  Trentino suonano come una presa in giro.
   Come USB non accettiamo questa situazione di resa delle istituzione  alle logiche del profitto e per questo la nostra lotta sarà non solo  sindacale ma anche culturale per far emergere una cultura alternativa a  quelle del dio profitto e per costruire una società a misura d’uomo in  alternativa a quella delle banche e della speculazione.
  Ezio Casagranda
 
							     
    
			 
							 
							 
							 
        						 
				 
 
									 
    
			 
    
			