Sait: 70 milioni di buco e 130 licenziamenti
Alla luce di queste notizie l’imposizione, volutamente subita da Cgil Cisl e Uil, appaiono ancora più gravi in quanto seppur ammortizzato dalla cassa integrazione hanno accettato che il conto degli errori della dirigenza Sait, ma anche dell’intera federazione siano messe sulle spalle dei lavoratori attraverso il licenziamento di 130 lavoratori.
Sait, debiti per 70 milioni di euro a causa di operazioni immobiliari del consorzio.
I lavoratori hanno “scelto” la cassa integrazione : via alle lettera per 130 dipendenti in esubero titolava ieri il giornale L’Adige.
Non c’è solo la partita occupazionale all’interno del Sait ma anche la necessità di fare pulizia delle operazioni immobiliari che continuano a pesare sui conti.
Tradotto dal linguaggio giornalistico significa che questa Direzione ha creato un enorme debito oggi chiede che a pagare il conto delle loro dubbie operazioni immobiliari siano i lavoratori.
Infatti i tagli occupazionali e queste operazioni immobiliari non sono due questioni separate ma le due facce della stessa medaglia e la conseguenza non solo di un gruppo dirigente incapace ma anche la conseguenza di aver abbandonato lo spirito cooperativo e quindi la sua “mission”: quella di fare commercio.
Alla luce di queste notizie l’imposizione, volutamente subita da Cgil Cisl e Uil, appaiono ancora più gravi in quanto seppur ammortizzato dalla cassa integrazione hanno accettato che il conto degli errori della dirigenza Sait, ma anche dell’intera federazione siano messe sulle spalle dei lavoratori attraverso il licenziamento di 130 lavoratori.
Vergognosa è poi la scelta di far votare i lavoratori fra accettazione della Cassa e o sciopero ad oltranza evitando accuratamente di presentare ai lavoratori una proposta di iniziative articolate e capaci di coinvolgere i lavoratori della Moviternto, i cittadini e l’intero mondo della cooperazione.
Questa impostazione Cgil Cisl e Uil si sono dimostrati megafono del Sait accettando il ricatto di una Direzione responsabile del buco milionario e quindi poco titolata a gestire una trattativa sugli esuberi e sulla riorganizzazione del comparto commerciale del Sait.
Purtroppo da questo sindacato c’era da aspettarselo visto che l’anno scorso hanno accettato un pesante taglio salariale e normativo senza battere ciglio.
Riduzione della paga e aumento dell’orario da36 a 40 ore settimanali convinti che questo avrebbe permesso di superare dalla crisi. (sacrificio necessario e temporaneo avevano sostenuto nelle assemblee di allora)
Quanto pubblicato dal giornale è l’ennesima dimostrazione che la crisi del Sait, come altre crisi, non dipendono dal costo del lavoro ma dalle operazione finanziario speculative delle aziende e in questi anni da parte della cooperazione.
Quindi alla luce di queste notizie la scelta dei 130 licenziamenti appare socialmente intollerabile, iniqua e da respingere al mittente.
Ma per fare questo serve abbandonare che le tre confederazioni abbandonino la politica della “riduzione del danno” che ha accompagnato questi mesi di di discussione, a parte della Federazione una nuova assunzione di responsabilità azzerando il gruppo dirigente del Sait e da parte della politica la volontà di affrontare il problema del settore commercio nel suo complesso avendo al centro le condizioni di lavoro e non il profitto. Cancellando il “salva Italia” di Monti che in nome di una concorrenza che non esiste ha reso il commercio un far west dei diritti per i lavoratori, per i piccoli commercianti e per le stesse cooperative.
Alla Federazione viene richiesta una capacita di coordinamento a partire dal superamento della diatriba autodistruttiva fra Sait e Dao.
Purtroppo ha prevalso la strada più semplice per loro: attenuare sul versante sociale il dramma dei 130 licenziamenti attraverso piani sociali e di reinserimento lavorativo di cui sono testimonianza i lavoratori della Whirlpool e della Martinelli costretti a interrompere il Consiglio provinciale per avere udienza da un assessore troppo occupato nelle vicende interne al PD per occuparsi anche delle politiche industriali e commerciali della nostra provincia.
Come USB Lavoro Privato nel denunciare queste politiche involutive intendiamo mettere in campo ogni iniziativa – informativa, organizzativa e di lotta – per dare una speranza a quanti non accettano che il lavoro sia ridotto a merce ed i lavoratori costretti alla disoccupazione per permettere alle aziende ed alle cooperative di continuare ad aumentare i loro profitti.
p USB Trentino
Ezio Casagranda