Sciopero e presidio dei lavoratori pubblici
Accanto ai motivi di carattere nazionale abbiamo voluto anche denunciare la politica provinciale che nel mentre taglia risorse al protettone ed ai servizi sociali si appresta a dare in concessione, attraverso il NOT, la sanità trentina, finanzia il tunnel del Brennero e altri grandi opere inutili e devastanti e nulla dice o fa nei confronti della speculazione.
Si è svolto oggi lo sciopero dei lavoratori del pubblico impiego e dei dipendenti delle aziende controllate indetto da USB Nazionale contro la riforma della pubblica amministrazione, le privatizzazioni e la spending review che colpisce stato sociale e servizi essenziali.
Anche a Trento i lavoratori hanno voluto – attraverso un presidio davanti alla sede INPS – portare a conoscenza della pubblica opinione le ragioni dello sciopero dei lavoratori e per denunciare le politiche governative tesa a fare dei lavoratori pubblici l'agnello sacrificale per il risanamento del paese nel tentativo di nascondere le vere cause della crisi ed i reali intendimenti del governo in materia di lavoro.
Accanto ai motivi di carattere nazionale abbiamo voluto anche denunciare la politica provinciale che nel mentre taglia risorse al protettone ed ai servizi sociali si appresta a dare in concessione, attraverso il NOT, la sanità trentina, finanzia il tunnel del Brennero e altri grandi opere inutili e devastanti e nulla dice o fa nei confronti della speculazione. Non solo ma utilizzando la deroga sugli ammortizzatori sociali pensa di privatizzare una serie di servizi oggi gestiti direttamente dall'Inps.
Al presidio hanno portato la loro solidarietà anche lavoratori del privato convinti che la lotta contro le privatizzazioni e la spending review è una lotta che riguarda tutto il mondo del lavoro. Infatti questo governo si appresta a ridurre le tutele sul lavoro, gli ammortizzatori sociali e le forme di assistenza per i cittadini più disagiati.
Lo sciopero del pubblico impiego ha messo al centro, oltre le legittime richieste contrattuali, problematiche che vanno oltre gli interessi di categoria per coinvolgere problematiche, come quelle della difesa dei beni comuni, che riguardano tutti i cittadini.
Infatti mentre I lavoratori e le lavoratrici chiedono il contratto e il Governo risponde con la mobilità obbligatoria fino a 50 chilometri;
I lavoratori e le lavoratrici chiedono il riconoscimento della loro professionalità e il Governo risponde con la minaccia del demansionamento attraverso la possibilità (e non la certezza!) in caso di esuberi di essere collocati in una qualifica o in una posizione economica inferiore. I cittadini chiedono una pubblica amministrazione più vicina ai loro bisogni e il Governo risponde con il taglio dei servizi, i cittadini chiedono di porre fine alla corruzione e Renzi risponde con nuove esternalizzazioni dei servi pubblici che sono una delle cause del malaffare e ai 250 mila precari che attendono una stabilizzazione del posto di lavoro il governo risponde con una risibile ipotesi di cambio generazione (15.000 assunzioni in due anni).
Per questo davanti ai timidi balbettamenti della Cgil o un patetico riferimento ad “una protesta gandhiana” della Cisl lo sciopero di oggi ha rappresentato, al di la dei numeri, l'unica risposta concreta e determinata al tentativo di smantellare definitivamente lo stato sociale e il lavoro pubblico.
Noi siamo intenzionati a resistere e continuare nella lotta per un novo modello di società che ponga al centro la valorizzazione del lavoro e della persona e non il profitto e la speculazione.