Un lavoro per vivere, non per morire
Vanno ripristinati diritti e salari dignitosi per permettere ai lavoratori di organizzarsi in fabbrica per contrastare ritmi e saturazioni che sono aumentati in modo esponenziale a causa della crisi che i padroni hanno usato per aumentare sfruttamento e riduzione dei salari.
Oggi in Italia abbiamo avuto tre incidenti mortali sul lavoro. Tre lavoratori tra cui uno in Trentino alla Xlam Dolomiti di Castelnuovo, in Valsugana, non sono rientrati a casa dai loro cari dopo il turno di lavoro.
A morire invece nella provincia di Napoli, a Casoria Antonio Ferrara, Ferrara è rimasto schiacciato tra due autocompattatori di rifiuti. La terza vittima un albanese, di cui non si conosce ancora l’identità, in provincia di Cremona. E’ morto per essere stato investito da un muletto in manovra in un cantiere di una fabbrica.
Poco importano le modalità con cui questi lavoratori hanno perso la vita, a poco servono le frasi di circostanza se non si mette mano alle cause che stanno alla base di questi morti che sono insite nel sistema produttivo italiano fondato sull’allungamento degli orari di fatto, la compressione dei diritti e del salario.
Oltre alla necessaria formazione e controlli vanno affrontati i problemi dell’aumento dei ritmi, dei carichi di lavoro, delle saturazioni e della diminuzione delle pause e riposi durante l’orario di lavoro. Si tratta di contrastare il ricorso al lavoro straordinario che aumenta l’orario reale di lavoro che spesso va ben oltre l’orario contrattuale e quindi va ripreso il controllo operaio sul ciclo produttivo cancellato da decenni di concertazione da parte dei sindacati confederali.
Vanno ripristinati diritti e salari dignitosi per permettere ai lavoratori di organizzarsi in fabbrica per contrastare ritmi e saturazioni che sono aumentati in modo esponenziale a causa della crisi che i padroni hanno usato per aumentare sfruttamento e riduzione dei salari.
Senza questi interventi il lavoratore rimane sotto ricatto e di conseguenza le nozioni e le conoscenze acquisite nei corsi di formazione non fermeranno la spinta all’aumento della produttività individuale con la sottovalutazione dei possibili rischi insiti nella velocizzazione delle operazioni di lavoro.
Stefano Colleoni è morto (dovremmo dire è stato assassinato) mentre era intento a spostare i pesanti pannelli per costruzione in legno dalla postazione della gru a carro-ponte.
Salgono così a 12 i morti in Trentino in questo 2016 e oltre a 573 a livello nazionale che, stando all’osservatorio sugli infortuni di Bologna, salgono a oltre 1260 se si considerano i morti sulle strade e in itinere.
Una strage continua, una guerra non dichiarata contro il lavoro ed i lavoratori in nome del profitto del capitalismo. Ci chiediamo perché nonostante la nostra autonomia il Trentino è fra le provincie con uno dei più alti numeri di morti sul lavoro?
Questa tragica ed amara realtà lascia indifferente questo governo che, in materia di sicurezza, pensa sola alla depenalizzazione dei reati legati alla mancata osservanza delle norme di sicurezza da parte del padrone o dei preposti, e taglia le risorse per la prevenzione e per la sicurezza. Purtroppo anche la nostra provincia, che ha uno dei numeri più alti di morti sul lavoro, sembra latitare impegnata com’è a distribuire le solite prebende elettorali.
P USB Lavoro Privato
Ezio Casagranda