Marangoni: Opporsi al nuovo ricatto occupazionale
Hanno così permesso al cav Marangoni di consumare la sua “vendetta” schiacciando in una morsa ogni possibile, e peraltro flebile, sentore di contestazione rispetto alle condizioni di lavoro che, il 21 luglio scorso, sono costate la vita a Carmine Minichino.
“La priorità era mettere in sicurezza i lavoratori che rischiano di perdere il posto”.
Questa è la stucchevole dichiarazione dei tre segretari di Cgil Cisl e Uil dopo la firma della cassa integrazione che riguarderà per 12 mesi tutti i 290 dipendenti di Marangoni pneumatici di Rovereto, a rotazione salvo che per 50 lavoratori per i quali la cigs sarà a zero ore. Cioè non rientreranno più in azienda.
E così venerdì 14 agosto senza nessun mandato e senza nessuna consultazione dei lavoratori e delle lavoratrici, i sindacati confederati – sotto l’egida di Olivi – hanno firmato il verbale di richiesta della cassa integrazione straordinaria per la Marangoni Pneumatici.
Hanno così permesso al cav Marangoni di consumare la sua “vendetta” schiacciando in una morsa ogni possibile, e peraltro flebile, sentore di contestazione rispetto alle condizioni di lavoro che, il 21 luglio scorso, sono costate la vita a Carmine Minichino.
Una morsa fatta strumentalizzando le avvisaglie di crisi da una parte e la complicità dei confederali dall’altra. Infatti i confederali hanno immediatamente lasciato cadere la richiesta di un contratto di solidarietà, unico strumento in grado di evitare i licenziamenti e di migliorare le condizioni di lavoro.
Infatti il contratto di solidarietà ha le sua fondamenta nella riduzione dell’orario di lavoro e quindi avrebbe ridotto le ore di esposizione dei lavoratori a quelle condizioni di lavoro che da molti osservatori sono state definite bestiali utilizzando la crisi.
Una scelta imposta dal ricatto di Marangoni che ha dimostrare che il “potere è Lui” imponendo anche i tempi della discussione da fare durante il periodo di chiusura della fabbrica per evitare da un parte possibili proteste dei lavoratori e dall’altro impedire che un’eventuale pressione dell’assemblea dei lavoratori facesse fare a qualche sindacalista uno scatto di orgoglio e quindi chiedere, garanzie occupazionali, maggiore trasparenza nelle informazione, più tempo per affrontare il contratto di solidarietà, e con esso una revisione dei carichi di lavoro resi inumani dall’accordo del luglio 2014.
Purtroppo dobbiamo prendere atto che il ricatto Marangoni ha imposto tempi e contenuti di quella che con un eufemismo viene definita trattativa, ma che in realtà, come successo 13 mesi fa con l’accordo capestro, si è trattato di una pura registrazione notarile delle volontà di Marangoni nascosta dietro il solito dogma chiamato “mercato”.
Oggi, come ieri, alla Marangoni va in onda una specie di overtour (anteprima) di cosa sono capaci i padroni se come controparte avranno i sindacati confederali, che non casualmente abbiamo definito complici.
Per questo oggi è necessario che quanti intendono contestare i contenuti di questa “resa senza condizioni” subita/voluta da un sindacato ormai allergico al conflitto devono evitare di chiudersi in fabbrica ed allargare le iniziative alla città, coinvolgere i cittadini, i movimenti, e quanti oggi si oppongono allo strapotere dei padroni.
Forte in questo senso è la richiesta ai Cobas di allargare il fronte unendo su questo obiettivo tutto il sindacalismo di base e quanti sono disposti a scendere in lotta a fianco ed a sostegno dei lavoratori della Marangoni pneumatici di Rovereto
Oggi, quello che serve non è un piano industriale, il quale sarà smentito alla prima verifica, (come nell’accordo 2014) ma costruire un grande movimento di lotta che metta al centro l’occupazione, il salario, il reddito il diritto alla vita contro la logica del mercato e del profitto.
Prima di tutto persone.
USB Lavoro Privato